« Ritratto di Abdelkader » di M.-É. Godefroid (Museo del Lussemburgo, Parigi)

Pioniere del dialogo tra le due sponde, l’emiro Abdelkader è una figura illustre nell’opposizione all’occupazione francese in Algeria ed eroe della prima nazione algerina. Questa eccezionale personalità che segnò entrambe le sponde del Mediterraneo si distinse anche per la sua riflessione umanista, la sua ricerca della pace e il suo gusto per il dialogo.

Mostra Abdelkader – Mucem

Nato nel 1808 nella provincia di Orano da una nobile famiglia sufi, Abdelkader ricevette una solida educazione religiosa e intellettuale. Dopo la conquista di Algeri nel 1830 da parte dei francesi, prese il comando della ribellione e oppose una solida resistenza contro l’esercito francese. Le sue qualità di leader si notano in combattimento ma anche nella sua capacità di federare le tribù e di negoziare.

Sconfitto nel 1847, si arrese ai francesi con la promessa che sarebbe stato esiliato ad Alessandria o Saint Jean d’Acre, ma il governo francese ruppe la sua promessa imprigionandolo per 4 anni a Pau e poi nel castello di Amboise.

Durante questi anni di detenzione, l’emiro strinse amicizia con la popolazione locale e stabilì rapporti di rispetto e stima con i suoi carcerieri e con i soldati che lo circondavano. Lo dimostra la lettera che scrisse a padre Louis Rabion, sacerdote ad Ambroise per ringraziarlo della sua amicizia.

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Nel 1860, dopo aver finalmente ottenuto il diritto di andare in esilio in Medio Oriente, a Damasco, l’emiro salvò i cristiani presi di mira durante violenti tumulti, che gli valsero il riconoscimento internazionale.

« Quello che abbiamo fatto bene con i cristiani, lo dovevamo fare, per lealtà alla fede musulmana e per rispettare i diritti dell’umanità ». (Abdelkader 1862)

Alcune evocazioni dello spirito di fraternità e di dialogo di Abdelkader tratte da documenti dell’epoca (“Lettre aux Français” di Abdelkader) : Durante una visita a Parigi all’ex vescovo di Algeri, dopo la sua liberazione: presenza, le loro braccia si aprirono e la loro gioia fu così intensa che non poté dapprima scoppiare se non in un lungo e silenzioso incendio[.. .] Intorno all’acqua regnava una religiosa contemplazione, mentre i loro cuori si parlavano in un vicendevole abbraccio « 

Si rivolge così al vescovo: «tu sei il primo francese che mi ha capito […] la tua preghiera è salita a Dio; è stato Dio che ha illuminato la mente e toccato il cuore del gran principe che mi ha visitato e mi ha liberato”.

Agli abitanti della città di Pau dove fu rinchiuso: “Non è solo il clima mite, è soprattutto la gentilezza degli abitanti che mi sono pentito: avevano coronato la mia prigionia con i raggi gentili dell’ospitalità. Dite loro che, dalle coste dell’Asia, il mio pensiero attraverserà spesso il mare per visitarli”.

C.D.