incontrare il Sultano d’Egitto

San Francesco davanti al Sultano al-Kâmil (Prova del fuoco). Giotto di Bondone 1295. Affresco nella Basilica di San Francesco, Italia

Questo incontro avvenne a Damietta nel 1219 in piena quinta crociata. In questa pianura d’Egitto si fronteggiano due eserciti: quello del Sultano e le truppe crociate che cercano di prendere il porto di Damietta.

Fu in queste circostanze che san Francesco decise, con il suo compagno, frate Illuminé, di andare davanti al sultano Malik al-Kamil in un processo di dialogo.

Questo evento, anche se ne sappiamo poco e le sue interpretazioni divergono, rappresenta una delle prime grandi immagini dell’incontro islamo-cristiano. Spiega la scelta della città di Assisi come luogo degli incontri interreligiosi avviata da Giovanni Paolo II nel 1986. Ha ispirato il cammino dei francescani in terra musulmana.

La meditazione di san Francesco dopo questa visita:
« I fratelli, che escono tra musulmani e altri non cristiani, possono considerare il loro ruolo spirituale in due modi: o, non fare cause o dispute, essere soggetti a ogni creatura umana per amore di Dio, e confessare semplicemente che sono cristiani; oppure, se vedono che questa è la volontà di Dio, annunciare la Parola di Dio affinché i non cristiani credano in Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel suo Figlio Redentore e Salvatore, vengono battezzati e diventano cristiani”.

Sul sito dei Francescani, troviamo il racconto di San Bonaventura dell’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto. Questo è l’unico resoconto dettagliato di questo incontro.

“Esponendosi coraggiosamente a continui pericoli, Francesco volle recarsi di persona dal Sultano di Babilonia. La guerra allora infuriava implacabile tra Cristiani e Saraceni, e avendo preso posizione i due eserciti faccia a faccia nella pianura, l’uno non poteva senza rischiare la vita passare dall’uno all’altro.

Ma nella speranza di ottenere ciò che desiderava senza indugio, François decise di andarci. Dopo aver pregato, ottenne forza dal Signore e, pieno di fiducia, cantò questo versetto del Profeta: « Se dovrò camminare in mezzo all’ombra della morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me ».

Unitosi come compagno al fratello Illuminé, uomo di intelligenza e coraggio, partì attraversando il mare e trovandosi nel paese del sultano. Pochi passi più avanti caddero negli avamposti dei Saraceni, e questi, più rapidi, si avventarono su di loro. Li insultavano, li incatenavano e li picchiavano. Alla fine, dopo averli maltrattati e maltrattati in ogni modo, li condussero, secondo i decreti della divina Provvidenza, alla presenza del sultano: questo era ciò che Francesco aveva desiderato.

Il principe domandò loro chi li avesse mandati, perché e in quale veste, e come fossero venuti; Francesco, con la sua bella sicurezza, rispose che era stato mandato da oltremare non da un uomo, ma dal Dio altissimo per mostrare a lui, a se stesso e al suo popolo, la via della salvezza e per annunciare loro il Vangelo che è la verità. Poi predicò al sultano Dio Uno e Trino e Gesù, salvatore del mondo, con tale vigore di pensiero, tale fortezza e tale fervore di spirito, che in lui si realizzò veramente in modo sorprendente questo versetto del Vangelo: «Metterò in la tua bocca una saggezza che tutti i tuoi nemici non potranno resistere o contraddire. »

Testimone di questo ardore e di questo coraggio, il sultano lo ascoltò con piacere e lo esortò a prolungare la sua permanenza presso di lui. Offrì a Francesco tanti ricchi doni che l’uomo di Dio disprezzava come il fango: non desiderava le ricchezze del mondo, ma la salvezza delle anime.

Il sultano concepì per lui solo la più devozione, per vedere nel santo un così perfetto disprezzo per i beni di quaggiù. Francesco lasciò il paese del sultano scortato dai suoi soldati ».

“Sembra, sottolinea Albert Jacquard (Le Souci des Pauvres, ed. Flammarion, 1996) che il sultano non abbia dimenticato il sorriso di François, la sua dolcezza nell’espressione di una fede illimitata. Forse questo ricordo è stato decisivo quando ha deciso, dieci anni dopo, quando nessuna forza lo ha costretto a farlo, di restituire Gerusalemme ai cristiani. Quello che gli eserciti dall’Europa non erano stati in grado di ottenere, l’intelligenza e la tolleranza di Malik al-Kamil avrebbero permesso all’Islam di offrirlo. Senza dubbio lo sguardo limpido di François aveva continuato il suo lento lavoro nella coscienza di quest’uomo aperto al pensiero degli altri”.

C.D.